La ricerca dell'antica Spina tra le paludi nel delta del Po fu un vero giallo archeologico. Appassionò eruditi e studiosi illustri fin dal Medioevo, ma del celebre e florido emporio marittimo descritto dagli autori greci e romani sembrava essersi persa ogni traccia. Solo nel 1922, in modo del tutto casuale e inaspettato durante le opere pubbliche di bonifica delle valli di Comacchio la comparsa di "terrecotte e bronzi di magnifica fattura greca" diede il via a una vicenda straordinaria.
Le ricerche archeologiche, avviate subito in modo sistematico, portarono alla scoperta di migliaia di tombe dai ricchissimi corredi, grazie ai quali gli studiosi possono oggi ricostruire il passato della famosa città rimasta per secoli sepolta dal fango.
La difficoltà di ritrovare Spina trova una ragione nelle trasformazioni continue del paesaggio del delta dovute sia alle alluvioni del Po sia ai movimenti del Mare Adriatico con il conseguente avanzamento della linea di costa, il costipamento del terreno e la dilatazione degli specchi lagunari. Per questo, nel corso dei secoli, l'esatta ubicazione della città, variamente collocata sul basso corso del Po di Primaro o a Comacchio o presso San Biagio d'Argenta, divenne una sorta di giallo archeologico. Il primo che ipotizzò il sito di Spina a Valle Trebba, una valle vicina a Comacchio, fu il medico bolognese Gian Francesco Bonaveri (fine del XVII secolo) attratto dalla singolarità di quell'ambiente lagunare da cui emergevano di tanto in tanto manufatti antichi, ma la sua intuizione trovò conferma solo due secoli dopo.
Alla scoperta casuale del 1922 seguirono le indagini scientifiche dirette dalla Soprintendenza alle Antichità dell'Emilia e della Romagna, istituita il 19 settembre 1924. Le campagne di scavo, condotte fino al 1935 dal neo soprintendente Salvatore Aurigemma nell'area di Valle Trebba portarono alla luce la zona settentrionale della necropoli di Spina con più di 1200 sepolture.
La successiva bonifica di Valle Pega portò alla scoperta, tra il 1953 e il 1956, dell'area meridionale della necropoli che, nell'arco di altri dieci anni di scavi alla guida del soprintendente Paolo Enrico Arias e del direttore del Museo Nereo Alfieri, restituì ben 3.000 tombe. Tra il 1957 e il 1964 fu individuato anche l'abitato, nella Valle del Mezzano, oggetto, negli ultimi anni, di nuove indagini estensive volte a definire meglio gli aspetti strutturali e cronologici urbani.
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