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Margherita Levorato - Le molte vie del labirinto

Margherita Levorato - Le molte vie del labirinto

LE MOLTE VIE DEL LABIRINTO
Margherita Levorato 

<< In cammino per labirinti e giardini

 

Il labirinto è un archetipo che affonda le sue radici all’alba dell’umanità  Nel labirinto si compiono cammini di iniziazione sia religiosa che profana, il centro è il luogo della morte, dove inizia anche la rinascita, l’incontro con se stesso, il ritorno al grembo della madre terra, il regresso all’embrione e la conseguente espulsione natale attraverso strette circonvoluzioni. Nel corso della storia si configura come una metafora potente della via che conduce dal caos all’ordine, dall’ignoranza-morte-peccato/male alla conoscenza-rinascita-salvezza/bene attraverso un cammino complesso , o, tout court, è  la sfida nell’affrontare un tale percorso.
L’origine e l’etimologia della parola, su cui hanno dibattuto i maggiori studiosi sono ancora poco chiare, come è evidenziato anche da L. Lanza e F. Berti. Secondo alcuni è un termine generico per indicare un ambiente parzialmente ipogeo dalla pianta complicata o addirittura solo un’idea, in assenza di qualsiasi manufatto tangibile.
Secondo H. Kern il protolabirinto è molto probabilmente riconducibile alla danza, con funzione quindi coreografica. E’ il percorso seguito da una catena di danzatori ad imitazione del movimento dei pianeti, riflette una visione cosmologica e si carica anche di un simbolismo astrale.
 Il labirinto classico è unicursale, a sette spire, più tardi anche a undici, un’entrata e la via che conduce inevitabilmente al centro con un movimento a pendolo, nelle continue giravolte e destra e a  sinistra (v. ad es. le incisioni rupestri dell’età del Bronzo, la tavoletta di Pilo).
Ai riti danzati tramandati da Omero, Plutarco, Virgilio, Troiae Lusus o Ludus, si collegano i più tardi i Trojaburg,  in sassi o pietre sulle coste baltiche, con la medesima funzione apotropaica di  tenere lontani influssi maligni o nemici dalla città, dalle case, dalle chiese, per proteggere i pescatori.
La stessa tipologia di labirinto, Walls of Troy o Troy town, si ritrova in Inghilterra, con tracciato in erba, il classico turf maze (da maes, erba in gallese, e campo in celtico), luoghi di feste celebrate soprattutto in primavera e di danze della fanciulla, chiaramente propiziatorie di fertilità di matrice pagana. Tali disegni sono ripresi a lungo, quasi senza varianti,  in ambito giardinistico.
Dalla figura arcaica del labirinto come viluppo rotondeggiante di viscere, si producono altre forme, come il quadrato o rettangolo, già nelle monete antiche, nelle pavimentazioni musive romane, nei manoscritti medioevali e nei secoli successivi in  multiformi contesti, soprattutto nei giardini.
Nelle chiese l’interpretazione religiosa del simbolo impiega anche  l’ottagono. Qui i labirinti presentano un ingresso in basso, a occidente, come le carte geografiche; sono concepiti come un immagine del mondo, impostati su uno schema a croce, dalla morte-peccato verso la redenzione. Sono anche dei percorsi penitenziali sostitutivi del pellegrinaggio in Terra Santa, detti perciò Chemin de Jérusalem.  A Pasqua i chierici vi eseguivano anche delle danze della“palla” (il gomitolo di Arianna?).
Già verso la fine del periodo ellenistico  con la parola “labirinto” si intendeva un Irrweg. (v. Ovidio, Metamorfosi): evidentemente col tempo si perse la tradizione della danza e la figura apparve confusa e sviante. Si produsse così una discrepanza fra l’idea di labirinto suggerita dalla letteratura e la sua rappresentazione. Alla fine del XV secolo i testi incitano a immaginare il labirinto multicursale, mentre la sua rappresentazione grafica è ancora unicursale. 
Nel Rinascimento c’è una vera esplosione di questo simbolo. Il labirinto diventa una citazione erudita e compare in diverse versioni: labirinti di scrittura e labirinti spirituali con testi sacri del XV sec.; labirinti come simbolo di situazioni private, come divisa del silenzio, riserbo; aiuole labirintiche di fiori e siepi diventano onnipresenti nei giardini nobiliari. Intorno al 1550, alla corte dei Gonzaga appare la prima formulazione visiva dell’Irrweg, il labirinto multicursale, accanto a quello classico usato come mezzo di multiforme rappresentazione della cultura ducale.
Significativamente l’affermazione dei labirinti, con più vie, sbarramenti, biforcazioni, avviene nel Rinascimento ed implica la partecipazione attiva del soggetto, la possibilità di percorrere vie diverse, contro l’accettazione di un principio di autorità, del cammino obbligato verso il centro.
L’arte del giardino si avvalse ampiamente di questa figura, con accentuazioni simboliche e ludiche diverse a seconda delle epoche, e con rappresentazioni sempre più varie e complesse, da quelle classiche proposte dagli architetti di giardini cardinalizi e medicei in Italia, da H. Vredeman de Vries (1587) e altri in Europa, a quelle fantasiose proposte da D. Loris (1629) in sintonia con l’affermarsi del Barocco e una concezione spaziale più dinamica. Un’evoluzione si verifica anche nell’impiego delle siepi che segnano il tracciato: basse, con fiori e erbe; di modesta altezza, con piccoli cespugli topiati; molto alte, dei veri muri vegetali che occultano la vista dei visitatori.
Nel tardo ‘500 e nel ‘600 si perde la simmetria nel disegno: i centri possono moltiplicarsi, come a Versailles, dove A. Le Nôtre  progetta per Luigi XIV nel 1664 un labirinto del tutto insolito: i punti focali si moltiplicano e si arricchiscono più tardi (1669) di gruppi scultorei-fontane, su consiglio di C. Perrault, per l’educazione del Delfino. Il percorso assume così un intento didascalico ispirato alle favole di Esopo.
Significativamente il labirinto si colloca spesso nella parte iniziale del giardino, diventa parte di un percorso iniziatico articolato e ne costituisce emblematicamente l’avvio, dal secentesco giardino Barbarigo a Valsanzibio a quello ottocentesco d’Horta a Barcellona. Relativamente pochi sono i labirinti storici oggi ben conservati, tra questi uno tra i più noti quello settecentesco di villa Pisani a Stra, attualmente con siepi di bosso, in origine di carpino. Al centro una torretta con statua di Minerva, dea della sapienza.
Ma  nel Sette-Ottocento tutto il nuovo giardino all’inglese, diffusosi rapidamente in Europa, si configura come percorso iniziatico-labirintico, in cui diversi episodi concorrono a segnare la via verso la catarsi e l’illuminazione. Nel giardino di Wörlitz un arco, con la scritta “Scegli viandante il tuo cammino con giudizio”, introduce a una specie di labirinto, un tortuoso percorso che passa attraverso una grotta e approda al Pantheon consacrato a tutti gli dei.
Per la sua intrinseca ambiguità, molteplicità di significati, attitudine a suscitare emozioni contrastanti, dallo spaesamento a una divertita giocosità, il labirinto è oggi simbolo universale e investe trasversalmente differenti filosofie ed espressione artistiche, dalle arti visive alla danza, alla letteratura, al cinema,  all’ arte del giardino.
 E’ una figura più che mai attuale, che si arricchisce di un’ulteriore forma, oltre alle due classiche, il III labirinto che è la rete o rizoma (Deleuze, Guattari, Eco), senza alcun centro, né limiti e capace di estendersi all’infinito.
In ambito paesaggistico attualmente abbiamo alcune interessanti realizzazioni pubbliche e private, progettate da artisti o architetti paesaggisti, che riprendono il tema della morte-rinascita e della memoria;  altre invece si propongono per il loro carattere scultoreo o fortemente sensoriale, come nobilitazione della campagna e delle piante più comuni o  per uno scopo prevalentemente ludico-decorativo  con accentuazioni pop.
Dalla Creta del mito questa figura accompagna e affascina l’umanità ancor oggi fino alle lontane isole del Pacifico e dell’Oceania.

 

Informazionimostra tutte

Orari:

Orari: da martedì a domenica ore 9.30-17.00 (chiusura biglietteria ore 16.30). Lunedì chiuso


 

Costo biglietto:

Intero € 6,00

Biglietto integrato con Museo Nazionale Etrusco "P. Aria" di Marzabotto € 7

Ridotto € 2,00 (cittadini EU di età compresa tra i 18 e i 25 anni).

Ridotto € 1,00 (ingresso solo giardino)

Gratuità: visitatori di età inferiore a 18 anni; giornalisti con tesserino; studenti delle facoltà di Architettura, Conservazione dei Beni Culturali, Scienze della Formazione o Lettere e Filosofia con indirizzo archeologico o storico-artistico; visitatori con disabilità (con accompagnatore).

 

Servizi al pubblico:

Sala per conferenze e convegni, accessi facilitati.