Le Sale XIV e XV sono localizzate al termine del percorso cronologico che guida il visitatore attraverso i tre secoli di vita della necropoli di Spina e sono destinate all'esibizione di alcune categorie di oggetti di particolar pregio, rarità e curiosità che rendono il patrimonio del Museo Archeologico Nazionale di Ferrara un unicum nel panorama museale mondiale, trattandosi di reperti nella maggioranza dei casi "contestualizzati" sebbene esposti con un criterio tipologico, assai frequentemente adottato in altre raccolte.
Nella sala XIV (clicca qui per l'audioguida ) è esposta una selezione di rithà, vasi variamente configurati (a testa umana o animale), utilizzati nei simposi, particolarmente pregiati per tecnica e fattura e una di lebetes gamikoi, i vasi che accompagnavano le future spose. La maggiore attrazione della sala è tuttavia costituita dalla lunga serie di piatti da pesce che, riproducendo specie note e puntualmente riconoscibili grazie al confronto con innumerevoli testimonianze letterarie, ci offrono un interessantissimo spaccato della vita quotidiana e di una delle principali risorse alimentari della cittadinanza di Spina.
La "Sala dei Capolavori" (Sala XV) (clicca per l'audioguida: )
Nella sala che chiude il percorso tra i corredi della necropoli di Spina si espongono a rotazione capolavori di alcuni dei più importanti ceramografi attivi ad Atene tra il V e il IV secolo a.C., vasi che con il loro affascinante carico di storie dipinte conducono il visitatore in una sorta di antica "città delle immagini". Qui si comprende come il mito raccontato per immagini, non diversamente da quanto veniva messo in scena a teatro, fosse espressione "religiosa" del destino umano e della presenza divina.
La sequenza cronologica, criterio scelto per l'esposizione, permette di cogliere le variazioni stilistiche e tecniche della produzione. Ogni pittore ha il suo segno peculiare che, in mancanza e come una vera e propria firma, consente di distinguerlo.
Nei racconti per immagini spicca la figura di Dioniso, celebrato per la multiformità di significati e di valenze e per l'importanza nel mondo religioso greco. Al dio del vino, del simposio e del teatro erano dedicate importanti feste nelle celebrazioni ufficiali della città di Atene. Alla vita di Dioniso, dio del vino, rimandano il raffinato cratere a campana del Pittore di Altamura (tomba 311 di Valle Trebba), su cui è raffigurato il dio che tiene sulle ginocchia il piccolo Oinopion, il figlio avuto da Arianna, personificazione del vino stesso (oinos in greco), e il cratere a calice del Pittore di Goluchow (tomba 323 di Valle Trebba), con una menade volteggiante che si difende dall'aggressione di un satiro. Alla produzione del vino, reale e mitica al tempo stesso, fa riferimento la kelebe attica del Pittore dell'Orto (tomba 254 di Valle Pega) con una rara scena di satiri pigiatori d'uva.
Dioniso assiste a un dramma satiresco sul cratere a campana della tomba 161C di Valle Pega e nuovamente è presente nel grande cratere a calice del Pittore dei Niobidi (tomba 313 di Valle Trebba), dove partecipa alla lotta contro i Giganti per ristabilire un nuovo ordine insieme agli altri dei dell'Olimpo e a una processione notturna in suo onore, forse in occasione delle Lenee, feste ateniesi del mese di gennaio. Il cratere è dedicato alla dea del grano Demetra, al pari di Dioniso, dispensatrice di un bene primario per l'uomo e oggetto di un culto misterico legato alla rinascita. A Demetra e a sua figlia Persefone l'eroe Trittolemo, con le spighe in mano, offre una libagione prima di andare tra gli uomini a insegnare la coltivazione del grano.
Veri e propri capolavori sono da considerare il cratere a calice del Pittore di Peleo (tomba 617 di Valle Trebba), con la scena delle nozze di Peleo e Teti, i futuri genitori di Achille (si tratta di uno dei matrimoni più famosi del mito greco, durante il quale sorse la disputa che dette origine alla guerra di Troia), e il cratere a campana della tomba 44C di Valle Pega, con il mito del cieco indovino Fineo, re di Tracia, la cui mensa era continuamente contaminata dalle Arpie, un mito raramente raffigurato, ma documentato dalle fonti letterarie (protagonista di una perduta tragedia di Sofocle e a noi noto dalle Argonautiche di Apollonio Rodio) e di monito agli uomini della potenza terribile degli dei.
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