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La prima metà del IV secolo a.C.


 

Sala VI (clicca qui per l'audioguida: )

Nella prima metà del IV secolo a.C. Spina non risente ancora della grande crisi che sta investendo l'Italia settentrionale da una parte e Atene dall'altra. La sconfitta ateniese nella guerra del Peloponneso, il successivo affacciarsi in Adriatico del tiranno Dionisio di Siracusa, che aveva posto basi ad Adria e ad Ancona nel 390 a.C., e la graduale penetrazione nella valle padana delle tribù celtiche avevano portato a grandi trasformazioni dell'assetto politico ed economico. Anche dopo la caduta di Felsina (Bologna) e Marzabotto, ultime resistenze etrusche, a opera dei Galli Boi, Spina, divenuta il punto di raccolta di molti Etruschi padani fuggiti dall'interno, riesce a mantenere per diversi anni la sua prerogativa di porto franco, autonomo e aperto ai mercati orientali.
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La presenza di ceramica attica a figure rosse, anche se in calo a partire dalla metà del secolo, continua a prevalere sulle importazioni di vasellame dalle fabbriche siceliote e italiote che in questo periodo non è certo inferiore dal punto di vista qualitativo. Il privilegiato rapporto di Spina con Atene va forse spiegato ancora una volta con la necessità della città greca di approvvigionamenti alimentari.


Oggetti di produzioni diverse, anche da Corinto e da Rodi, e di grande prestigio, come phialai (piatti) greche d'argento sbalzato e manufatti etruschi in bronzo di splendida esecuzione contribuiscono a mantenere alto il livello delle sepolture della prima metà del IV secolo a.C. Ne è esemplificativo il corredo di una tomba femminile (136A di Valle Pega) caratterizzato da un grande cratere attico a volute traforate , su un sostegno di particolare eleganza, dipinto a figure rosse con episodi della caduta di Troia (Ilioupersis) nello stile manieristico posteriore all'opera del Pittore di Meidias. Lo completano vasi attici a vernice nera, particolarmente rispondenti al gusto della committenza, vasellame da mensa in ceramica locale e un ricco servizio in bronzo con strumentario da banchetto e coppia di candelabri sormontati da una cimasa con rappresentazione simbolica (Hermes Psicopompo conduce la defunta all'oltretomba). Al rango elevato della donna rimandano anche gli alabastra, flaconi per profumo di origine egiziana (in alabastro), e il diadema in oro decorato a sbalzo con Amazzoni a cavallo, sileni e rosette, prodotto delle botteghe etrusco-padane su modello di oreficerie tarantine.
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Prodotti d'importazione con datazioni diverse sono riuniti nella sepoltura di un'altra donna di Spina ricca e colta, che porta anch'essa con sé bronzi e un diadema in oro con foglie di edera e di vite, la tomba 58C di Valle Pega, dove i vasi, tra i quali è un servizio da simposio, scandiscono cinquant'anni circa di storia.
Talvolta, più che gli oggetti, sono le raffigurazioni sui vasi a definire, attraverso episo di di vita quotidiana o richiami a storie tragiche di donne, un ambito prettamente femminile. È il caso della tomba 264 di Valle Trebba cui appartengono una kylix (coppa a due manici) con l'uccisione di Cassandra per mano di Clitennestra, scena mitologica di estrema rarità, e due oinochoai (brocche) con scene di gineceo. 

Sala VII

Spina è un centro complesso e socialmente vario. La sua condizione di scalo marittimo la apre a contatti profondi con le genti che solcano l'Adriatico e con quelle provenienti dall'entroterra. Famiglie e individui vi giungono come portatori di identità già ben definite e mai completamente dimenticate anche a seguito della loro integrazione nella compagine sociale della città.
All'area veneta, in particolare al territorio di Adria e a quello più settentrionale, rimandano sia nomi di persona incisi su vasellame ceramico a indicarne il possesso sia suppellettili specifiche di quella cultura. Ne è significativo esempio il corredo della tomba 185A di Valle Pega, datata alla metà del IV secolo a.C., che conserva due situle in bronzo, opera dell'artigianato del centro veneto di Este, deposti come ricco appannaggio dotale della defunta. La presenza delle situle, vasi contenitori per il trasporto d'acqua o di altri liquidi, insieme alle placche in bronzo di un cinturone con motivi decorativi di ispirazione veneta, si spiegherebbe infatti con l'appartenenza della sepoltura a una donna, forse pervenuta a Spina per matrimonio dalla vicina area veneta.
Gli oggetti più prestigiosi, collocati in posizione di primo piano accanto alla testa, sono i due candelabri etruscopadani sormontati da una statuetta di guerriero nudo armato di elmo attico con cimiero, scudo rotondo da oplita e lancia, manifestazione di un'ideologia militare ancora persistente nel IV secolo a.C. presso alcune classi agiate di Spina. Pur di connotazione maschile per i soggetti raffigurati, i due candelabri vengono interpretati da alcuni studiosi come un'ulteriore affermazione dell'appartenenza della defunta a un ceto sociale tanto elevato da consentire il sostegno delle spese necessarie per l'acquisto e il mantenimento della panoplia oplitica, l'armamento della fanteria pesante che nel V secolo a.C. vanta una grande organizzazione nell'Etruria padana. 

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Orari:

Orari: da martedì a domenica ore 9.30-17.00 (chiusura biglietteria ore 16.30). Lunedì chiuso


 

Costo biglietto:

Intero € 6,00

Biglietto integrato con Museo Nazionale Etrusco "P. Aria" di Marzabotto € 7

Ridotto € 2,00 (cittadini EU di età compresa tra i 18 e i 25 anni).

Ridotto € 1,00 (ingresso solo giardino)

Gratuità: visitatori di età inferiore a 18 anni; giornalisti con tesserino; studenti delle facoltà di Architettura, Conservazione dei Beni Culturali, Scienze della Formazione o Lettere e Filosofia con indirizzo archeologico o storico-artistico; visitatori con disabilità (con accompagnatore).

 

Servizi al pubblico:

Sala per conferenze e convegni, accessi facilitati.