SALA 4
La donna come soggetto religioso nel cratere di Polignoto dalla Tomba 128 di Valle Trebba (420-410 a.C.). Il vaso è stato inserito nella mostra perché racconta un’esperienza religiosa e mistica non conforme alle forme di culto “ufficiali” diffuse in Grecia ma che apre le porte all’universo femminile in un quadro dalle valenze ctonie.
Nella Sala dei Culti abbiamo visto come la religiosità femminile fosse fortemente connessa alle sfere cultuali che gravitano attorno alla maternità e in particolare alle due dee, Demetra e Persefone. Esisteva però un’altra divinità nel cui culto le donne avevano un ruolo particolare. Era un dio in grado anche soltanto per un breve istante di farle evadere dagli inamovibili schemi sociali e di dilatare la loro sfera d’azione. Lo stesso dio che è verosimilmente rappresentato sul cratere a volute che abbiamo di fronte (26), opera del ceramografo Polignoto, e che appartiene alla Tomba 128 di Valle Trebba. Unico per le scene rappresentate, questo cratere presenta una serie di personaggi che si dispongono lungo tutta la circonferenza del vaso senza interruzioni in una narrazione continua. Le colonne sul lato principale indicano che la scena si svolge davanti a due statue di divinità, una maschile ed una femminile poste all’interno di un tempio. L’uomo barbato e con diadema dal quale si ergono due serpenti può essere identificato come Dioniso. La dea, con stephane e scettro è senza dubbio una dea della natura perché con il braccio sinistro sostiene un leoncino, animale che tradizionalmente appartiene all’entourage della dea frigia Cybele. Il corteo-processione in onore delle due divinità incomincia proprio dall’auleta (suonatore di aulos, il flauto) vestito all’orientale che vediamo alla sinistra del tempio e si chiude con una donna anziana che reca un liknon (cista che nelle celebrazioni misteriche conteneva l’oggetto della rivelazione) coperto, dove apparentemente non sembra essere contenuto niente. Protagonisti del corteo sono donne, bambini e bambine che suonano auloi, tympana (tamburelli), kymbala (cembali) e in atteggiamento estatico impugnano serpenti. Sebbene si tratti di una danza orgiastica notiamo però che mancano alcuni elementi fondamentali del thiasos (corteo) dionisiaco: il tirso, le corone d’edera e le forme vascolari connesse alla sfera del vino. Dunque ci troviamo di fronte a qualcosa di diverso. Una scena che appare quasi come un fotogramma tratto dell’Elena di Euripide dove vengono descritti alcuni rituali in onore di Demetra (1355 -1365).
“E avresti l’ira della Grande Madre,
o figlia, per non rispettare i riti della dea.
Grande potere hanno le pelli
Screziate dei cerbiatti
E le corone di foglie d’edera
Per le sacre ferule,
e il tamburello roteante
in cerchio e colpito in alto
e la chioma smossa in onore di Bromio
e le veglie notturne alla dea.”
Possiamo dunque pensare ad una coppia di déi a monte di una religiosità che implica il rapporto diretto tra la divinità ed i fedeli, proprio come accade nel culto di Dioniso. Non conosciamo il legame che unisce le due figure divine (dea e divino compagno o madre e figlio?) ma sappiamo che individuale, regolamentata e scandita dai riti di passaggio era la forma di culto incentrata sulle due dee e sui Misteri di Eleusi, mentre collettiva, estatica ed estemporanea è invece l’esperienza che i fedeli vivono nel dionisismo, più pertinente rispetto all’apparato iconografico del cratere di Polignoto. Si potrebbe forse guardare alle celebrazioni della Meter dall’Anatolia, che fanno ingresso in Grecia tramite sacerdoti itineranti e che prevedono formule di iniziazione analoghe a quelle eleusine:
“Ho mangiato dal tympanon, ho bevuto dal kymbalon, ho recato il recipiente composito, sono scivolato sotto le cortine del letto”
(Clemente Alessadrino, Protrettico, 15, 3)
Difficile ascrivere la nostra rappresentazione sul cratere ad una categoria ben definita di cerimonie religiose documentate, tuttavia possiamo sottolineare quanto queste forme di devozione e di partecipazione attiva alla vita religiosa costituiscano per la donna greca, in particolare quella ateniese, un “antidoto” contro l’impossibilità formale di prendere parte a qualsiasi altra forma di attività sociale.
In alto: Una scena di tipico thiasos dionisiaco dal cratere della Tomba 11 C di Valle Pega
Eleonora Poltronieri
BIBLIOGRAFIA
ARIAS P.E., Descrizione dei vasi riprodotti, in N. Alfieri, P.E. Arias, M. Hirmer, Spina, Firenze 1958
BIANCHI U., La religione greca, Torino 1975
BURKERT W., Antichi culti misterici, Roma-Bari 1989
CONNELLY J.B., Portrait of a Priestess. Women and Ritual in Ancient Greece, Princeton 2007
DE CESARE M., Le statue in immagine. Studi sulle raffigurazioni nella pittura vascolare greca, Roma 1997
DETIENNE M., Dioniso e la pantera profumata, Bari 1987
GILLOTTA F., in Dyonisos Mito e Mistero, Bologna 1989, p.84
KALTSAS N., SHAPIRO A., Worshipping women. Ritual and reality in Classic Athens, New York 2008
LOUCAS I., Meaning and Place of the Cult Scene on the Ferrara Krater T 128, in Kernos. Supp. 1, 1992
NILSSON M.P., The dionysiac mysteries of the hellenistic and roman age, New York 1975
PARKER R., Polytheism and society at Athens, New York 2005
SARTORI F., Il cratere a volute della T. 128 nella necropoli di Spina, in Rendiconti della Classe morali, storiche e filologiche. Accademia Nazionale dei Lincei, Serie VIII, vol. V, fasc.3-4, 1950